Quella che segue è la versione ridotta di una lettera (scaricabile in formato pdf qui) che abbiamo inviato al Ministro della Università e Ricerca On. Fabio Mussi e al sottosegretario On. Luciano Modica, il 4 ottobre 2007. Il testo completo della lettera si trova qui.

L'iniziativa ha avuto risonanza sugli organi di stampa e siti di discussione: TuttoScienze de La Stampa di Torino, forum Scienza e Spazio di Giovanni Caprara su Corriere.it, blog Made in Italy di Marco Cattaneo su Le Scienze, Stanza33 all'Universita' di Roma Sapienza, A. Figà Talamanca su Il Riformista, Luciano Maiani su Il Sole-24 Ore...

La nostra lettera è stata pubblicata come contributo esterno sul sito di Sinistra Democratica, in quanto movimento facente capo al Ministro Mussi. Invitiamo chiunque voglia partecipare alla discussione a registrarsi sul sito di SD e contribuire commenti.


Se sei un ricercatore all'estero, ti invitiamo a compilare questo breve questionario.

Alcune considerazioni sul sistema di reclutamento dei ricercatori italiani


Gianfranco Bertonea, Giacomo Cacciapagliab, Marco Cirellic, Pier-Stefano Corasanitid,
Lara Faoroe, Alessio Figallif, Marcella Grassog, Riccardo Speziah,
Simone Spezialei, Dario Vincenzil, Francesco Zamponim.

a Institut d'Astrophysique de Paris, Université Pierre et Marie Curie, Paris, France.
b Physics Department, University of California at Davis, USA.
cService de Physique Théorique, Commissariat à l'Énergie Atomique CEA Saclay, Gif-sur-Yvette, France.
dLaboratoire Univers et Théorie, Observatoire de Paris-Meudon, Meudon, France.
eDepartment of Physics and Astronomy, Rutgers, The State University of New Jersey, Piscataway, NJ, USA.
fUniversité de Nice-Sophia Antipolis, Labo. J.-A. Dieudonné, Nice, France.
gInstitut de Physque Nucléaire, Université Paris Sud, Orsay, France.
hLaboratoire Analyse et Modélisation pour la Biologie et Environnement, Université d'Evry Val d'Essonne, Evry, France.
iPerimeter Institute for Theoretical Physics, Waterloo, Ontario, Canada.
lInstitut Wolfgang Doeblin, Laboratoire J.A. Dieudonné, Université de Nice Sophia Antipolis, Nice, France.
mLaboratoire de Physique Théorique de l'École Normale Supérieure, Paris, France.




Nel giugno scorso si sono svolti, come ogni anno, i concorsi del CNR francese (CNRS) per l'accesso a posti da ricercatore a tempo indeterminato. Noi firmatari di questo documento siamo risultati vincitori di buona parte di questi posti nelle sezioni di matematica, fisica e astronomia; tutti i risultati in dettaglio sono consultabili sul sito del CNRS. Nelle classi che ci riguardano e nel solo concorso 2007, gli italiani hanno ottenuto il 35% dei posti banditi (il 71% restringendosi a fisica teorica) e, se il CNRS assegnasse medaglie, cinque ori e tre argenti in sette competizioni. Più in generale, se si guarda alla lista degli iscritti al concorso, il numero di italiani è impressionante: ormai tutti in Francia parlano di ``invasione italiana''.

La tendenza attuale dei ricercatori italiani a cercare posti all'estero è stata sottolineata più volte negli ultimi anni. Per comprenderne le ragioni, sono sufficienti alcune semplici considerazioni sul sistema di reclutamento italiano, evidenti a chiunque sia stato anche per un breve periodo a fare ricerca all'estero. Le nostre esperienze sono in particolare relative all'ambito accademico di matematica, fisica e astronomia, ma sono facilmente estrapolabili ad altri domini della ricerca scientifica e umanistica, che anzi spesso versano in condizioni ancor più preoccupanti. Sono necessarie intanto alcune premesse:
(A) Di per sé, il fatto che i ricercatori italiani desiderino andare all'estero e vincano concorsi in tutti i paesi più avanzati è un dato molto incoraggiante. Vuol dire che la formazione che si impartisce in Italia è ottima, e che i giovani ricercatori italiani sono motivati, dinamici e talmente appassionati al proprio lavoro da essere pronti a emigrare per fare ricerca nelle migliori condizioni. (B) Il problema dunque non è la ``fuga dei cervelli'', ma piuttosto l'assenza totale di un flusso inverso, ovvero l'impossibilità per gli italiani di rientrare dopo un periodo trascorso all'estero; e inoltre (C) la quasi totale assenza di ricercatori stranieri. Quest'ultimo fatto è veramente preoccupante: tutti i paesi avanzati reclutano ricercatori dall'estero, ad esempio dai paesi asiatici o sudamericani. Gli Stati Uniti e la Francia hanno approfittato del crollo dell'URSS per reclutare i migliori ricercatori ex-sovietici. In Italia, niente di tutto ciò. (D) L'assenza di rientri e reclutamenti dall'estero rende il sistema insostenibile. Il progressivo pensionamento degli attuali docenti potrebbe causare un abbassamento generalizzato del livello della ricerca e dell'insegnamento; a quel punto non vinceremo più neanche i concorsi all'estero.

Un punto importante va chiarito subito: se i finanziamenti alla ricerca scientifica in Italia fossero notevolmenti maggiori (ad esempio, adeguati allo standard europeo o statunitense) e se, di conseguenza, il numero di reclutamenti di giovani ricercatori fosse significativamente più elevato, la situazione di impasse attuale molto probabilmente non si porrebbe. Il sistema-Italia sarebbe all'equilibrio con i sistemi degli altri paesi e, nel bene o nel male, i problemi qui discussi si riassorbirebbero nel complesso dell'apparato accademico (ovviamente, a patto che anche l'ulteriore fattore importante dell'adeguamento del livello salariale per i giovani ricercatori a quello dei sistemi stranieri sia tenuto in considerazione). Uno slancio nella direzione dell'aumento dei fondi è quindi senza dubbio un passo cruciale e necessario, come è stato sottolineato già innumerevoli volte nel corso degli ultimi anni. Tuttavia il problema non sono solo i soldi o i numeri. Ci sono almeno altri due aspetti fondamentali per un sistema di reclutamento efficiente: la mobilità, e la possibilità per il giovane ricercatore di valutare le proprie opportunità di carriera nel quadro di un sistema di reclutamenti chiaramente programmati. Purtroppo, mentre il governo si è impegnato ad aumentare il numero di reclutamenti, questi due aspetti sono passati inosservati. Ci sembra quindi importante discutere questi ulteriori aspetti, nella speranza che, quando l'aumento di fondi e di posizioni si materializzerà, si possa fare dei passi avanti anche in queste direzioni. Si veda a questo proposito anche l'articolo recente di Giorgio Parisi.


Mobilità - Negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia è prassi comune cambiare sede tra laurea e il dottorato, tra il dottorato e il primo post-doc, per gli eventuali post-doc successivi e infine per il posto da ricercatore. L'idea è che il giovane ricercatore, durante la sua formazione, debba entrare in contatto con il maggior numero possibile di persone, di metodi, di idee, con l'obiettivo di diventare autonomo. In Italia, invece, accade l'esatto contrario. Di fatto, come è ben noto, in Italia ci si mette in ``coda''. Ogni professore universitario o direttore di istituto di ricerca ha la propria ``coda'' di studenti, in fila per un posto permanente. La mobilità è bassa perfino all'interno della coda! Questo sistema di code causa problemi gravissimi al sistema dei reclutamenti; ne elenchiamo qui alcuni. (A) Non sempre il merito è il criterio principale per essere ammessi alla coda. Entrano in gioco fattori personali, e l'anzianità rimane un criterio importante. (B) I ricercatori spesso non sono incentivati a sviluppare la propria ricerca in maniera autonoma. Ci si affida al capo, con l'idea che tanto sarà lui a decidere della propria carriera. (C) Il fatto di collaborare con molti docenti spesso è mal visto (``Quello che fa, tiene il piede in più staffe?''). (D) Gli stessi docenti non sono particolarmente motivati rispetto ai propri studenti: sanno che, in ogni caso, essi rimarranno loro ``fedeli'' perché non hanno alternative.


Programmazione - È molto importante, in un sistema di reclutamento sano, che le opportunità di carriera di un giovane siano definite in largo anticipo. In Francia, ad esempio, il concorso CNRS già citato si svolge tutti gli anni e, ogni anno, le università bandiscono un certo numero di posti che rimane in media costante di anno in anno. Tutti i concorsi si svolgono nello stesso periodo: il ricercatore post-doc in cerca di un posto fisso sa quanti sono i posti disponibili negli anni a venire, prova i concorsi di anno in anno, si rende conto facilmente e soprattutto molto presto delle proprie possibilità di successo. Anche negli Stati Uniti il sistema funziona in modo simile (seppure non esista un ente di ricerca nazionale centralizzato). Al contrario in Italia non si riesce mai a sapere quanti posti saranno banditi e quando. Le fluttuazioni sono immense: un anno si assumono tutti, poi per vari anni più nessuno. Come già detto, ci si mette in coda, e si attende il momento in cui il posto da ricercatore bandito dal dipartimento toccherà al proprio docente, oppure una sanatoria generalizzata. Non c'è nessuna programmazione a lungo termine dei reclutamenti. Questa situazione causa, di nuovo, diversi problemi che è bene elencare. (A) Non è possibile avere un controllo sul proprio futuro e sapere quali sono le proprie possibilità di carriera e di stabilità. Spesso il giovane ricercatore italiano finisce per capire se avrà o no un posto permanente a 35/40 anni, quando ormai è troppo tardi per fare qualunque altra cosa. (B) L'incertezza alimenta il sistema delle code, perchè chi si allontana quando arriva il raro ``momento buono" è perduto. (C) Un istituto non ha modo di stendere una strategia per puntare all'assunzione di uno studente/ricercatore veramente brillante, una specie il cui numero è molto limitato a livello mondiale anno per anno. Quando c'è un posto, non si cerca il candidato migliore: si attinge dalla coda, punto e basta.



Proposte: Questa situazione è insostenibile e rischia di portare in breve tempo il sistema di ricerca italiano al collasso. Tuttavia, alcuni interventi, che richiedono solo una riallocazione delle risorse e lo stanziamento di fondi aggiuntivi di modesta entità, potrebbero correggere almeno in parte lo stato delle cose. L'idea è, da un lato, di scardinare il sistema delle code e il rapporto privilegiato tra un giovane ricercatore e il proprio docente di riferimento; dall'altro, di programmare a lungo termine i reclutamenti. Riportiamo qui di seguito alcune proposte, nella speranza di suscitare una discussione che porti a individuarne molte altre:
  • Incentivare la mobilità durante gli studi e in corrispondenza degli avanzamenti di carriera, ad esempio a livello di corso di laurea (incentivando gli scambi inter-universitari nazionali e/o rivedendo il livello delle borse dei programmi Erasmus), di dottorato (incentivando lo svolgimento della tesi di dottorato in una sede diversa da quella dove ci si è laureati, potenziando le cotutele, favorendo il soggiorno temporaneo in sedi diverse), a livello di assegni di ricerca post-doc (ad esempio prevedendo un cofinanziamento del MIUR in caso di cambio di sede) e infine a livello di assunzione dei ricercatori e dei passaggi successivi della carriera (ad esempio prevedendo contributi a università che assumano ricercatori, professori associati e ordinari da altre sedi). L'idea è la stessa che si applica alla guardia di Finanza, i cui vertici vengono costantemente avvicendati per evitare la cristallizzazione di rapporti di potere; la mobilità rende più difficile la formazione di baronati.
  • Favorire nei concorsi coloro che hanno collaborazioni con gruppi differenti, ad esempio valutando anche la varietà delle collaborazioni. A questo fine sarebbe utile che il candidato possa accludere alla domanda lettere di presentazione di ricercatori italiani e stranieri con cui ha collaborato.
  • Favorire le collaborazioni fra ricercatori di sedi diverse finanziando la creazione di ``network'' con obiettivi e criteri di valutazione precisi, ad esempio sul modello dei programmi europei, dell'ANR francese e dei PRIN italiani.
  • Favorire le università che programmano i reclutamenti con largo anticipo e far svolgere i concorsi nello stesso periodo dell'anno, su scala nazionale. Distribuire le risorse, a livello ministeriale, in modo tale che il numero di posti per anno sia pressappoco costante, almeno per i prossimi dieci anni. Meglio pochi posti, ma sicuri e programmati in anticipo, che tanti posti mal distribuiti.
  • Evitare stabilizzazioni straordinarie e reclutamenti di massa, che non fanno altro che alimentare il sistema delle code e il precariato, per lo stesso motivo per cui i condoni fiscali alimentano l'evasione.
Queste proposte richiedono uno stanziamento minimo di fondi aggiuntivi e tutte dovrebbero essere attuabili in tempi brevi facendo ricorso agli strumenti ordinari di gestione senza bisogno di riforme drastiche, che sono assolutamente auspicabili ma richiedono tempi più lunghi e percorsi accidentati. È tuttavia importante sottolineare che non tutti i problemi discussi in precedenza possono essere affrontati con misure ordinarie. Ad esempio, il problema dell'assenza di ricercatori stranieri si intreccia ovviamente con il problema più generale della regolamentazione dell'immigrazione: nel passato le misure legislative adottate in materia non hanno assolutamente favorito, se non addirittura ostacolato l'immigrazione di cervelli stranieri. Inoltre, questo problema è legato anche al problema generale della scarsità di finanziamenti: le retribuzioni dei ricercatori italiani sono tra le più basse in Europa, per non parlare degli Stati Uniti, e in queste condizioni attirare un ricercatore dall'estero è molto difficile.



Conclusioni: La scarsità di finanziamenti condiziona il futuro dell'università e della ricerca in Italia, e le proposte qui formulate non saranno certo sufficienti se questa situazione non viene corretta. Ulteriori risorse economiche sono dunque indispensabili, ma è anche indispensabile che le nuove disponibilità di fondi siano contestuali alla modifica del reclutamento, con l'abolizione del sistema delle code, l'introduzione trasparente di criteri meritocratici e la stesura di una ragionevole programmazione delle assunzioni, altrimenti il dispendio di denaro pubblico rischierebbe di andare vanificato, alimentando un sistema non efficiente. A questo proposito, pensiamo che sia utile che il mondo accademico italiano contribuisca alla discussione costruttiva e all'attuazione di queste misure, anche attraverso delibere dei singoli consigli accademici, di facoltà o di dipartimento, che stabiliscano prassi e norme in accordo con quanto discusso sopra. Ad esempio, un dipartimento potrebbe mettere in atto varie procedure per incentivare i propri dottorandi a cercare un post-doc altrove. Riteniamo auspicabile che i ricercatori che condividono queste proposte facciano pressione sui propri istituti in tal senso.